Molteplici sono le ragioni per cui il Fulufjället è diventato un parco nazionale, dieci anni fa. Ospita la più alta cascata svedese, sulla quale nidifica la più meridionale coppia di girfalchi in Scandinavia (il più grande e raro falco del mondo); la sua formazione risale a 900 milioni di anni fa, e non deriva dalle glaciazioni recenti; su di esso si trova l'albero più vecchio del mondo (quasi 10.000 anni) che è, di conseguenza, anche l'essere vivente individuale più vecchio del pianeta. Per finire, non meno importante, il grande altipiano (34x15 km a 1.000 metri di altitudine) che ne occupa la sommità è l'unica area montana svedese a non essere pascolo per renne da secoli; il risultato è una copertura vegetale vergine e naturale, unica per varietà di specie: cespugli, vegetazione erbacea e tappeti di bianco lichene delle renne a perdita d'occhio. E qui chiudo lo spot. Mi sono confrontato con questo ambiente in un tardo pomeriggio di luce spenta, del tutto inadeguata sia ai cuscini di lichene che ai mirtilli autunnali che li trapuntavano. Con un breve soprassalto di pensiero laterale, mi sono detto, allora “Perché, banalmente, non usare un flash?”. Naturalmente localizzato sull'area che volevo evidenziare, lasciando il resto del paesaggio alla sua luce senza vigore. Sono salito alla torre di osservazione “Erik-Knutsåsen”, presso Gördalen, lungo i confini settentrionali del parco nazionale Fulufjället. È un bel punto di vista su una regione selvaggia coperta da una rada foresta d’altura con abeti e betulle, rilievi ondulati intervallati da paludi e piccoli stagni. Arrivato in cima, noto sulla piattaforma dei piccoli grumi di materiale, che ad un’occhiata più attenta si rivelano borre di rapace notturno. Alzo lo sguardo: ad una ventina di metri incrocio quello magnetico di un’ulula, che evidentemente ha anch’essa scelto di sfruttare le caratteristiche panoramiche della torre. Un magnifico incontro, inaspettato e non frequente. Non si può essere sempre preparati a qualsiasi evenienza fotografica, ed ero salito sulla torre con un corredo corto da paesaggio: questa immagine è quindi un generoso crop, che, tuttavia, riflette lo spirito della composizione originale, in cui l’animale (per scelta, per forza o per entrambe le cose) è ambientato nel paesaggio. Il genere di foto agli animali che preferisco. Due giovanissimi sorbi emergono dal terreno rivestito di morbido sfagno. Probabilmente nati da due semi della stessa pianta, sono in effetti fratelli, e fanno onore alla parentela assumendo una postura del tutto simile; forse a causa del corredo cromosomico, o della posizione rispetto al sole, oppure... per una semplice coincidenza. L'inverno che arriva è considerato il migliore per le manifestazioni legate all'attività solare da molti anni a questa parte. Continuano ad arrivarmi in posta elettronica richieste di informazioni su luoghi e periodi. Chiarisco subito una cosa: Särna (ahimè) non è il posto migliore per l'aurora: troppo a sud rispetto a dove si svolge realmente la festa. Considerate almeno un'area che parta dal Circolo Polare Artico andando da lì verso nord, per avere ragionevoli possibilità di assistere un'aurora nel limitato periodo di tempo di una vacanza. Ed infatti la foto qui a fianco arriva dalla Lapponia Svedese (Porjus): consideratela un biglietto d'auguri per tutti quelli che partiranno nei prossimi mesi alla ricerca del più grande spettacolo del mondo. Ragni di ghiaccio __ L'assenza di neve perdura. Il paesaggio mantiene un aspetto del tutto atipico per l'inizio di dicembre: guardando la foresta di conifere sarebbe praticamente impossibile dire se ci troviamo in maggio oppure alla fine dell'autunno, senza guardare al calendario. C'è ancora spazio, quindi, per i giochi del freddo: pochi gradi sottozero sono sufficienti perché le rive del lago di Särna - e di qualsiasi altro specchio d'acqua della regione - si trasformino in tele di quadro sopra le quali il ghiaccio pare divertirsi a disegnare forme ogni volta più sorprendenti. Ecco quindi un paio di scatti ad integrare idealmente la raccolta dello scorso anno "Dieci di ghiaccio", realizzata nelle medesime circostanze, e che potete vedere qui, nelle Cronache del 2010. Qui a fianco la superficie dell'acqua si è solidificata con un fenomeno di cristallizzazione che ha creato forme geometriche e regolari: accade quando le temperature si abbassano di colpo nel giro di una sola notte, passando da poco sopra allo zero ai meno dieci gradi. Onde _A Särna, il lago offre delle piccole ma deliziose spiagge di sabbia fine, disposta ordinatamente dal vento e dalla pur minima risacca secondo quelle classiche, minute ondulazioni che uno si aspetta dalla sabbia, a qualsiasi latitudine. L'acqua che le penetra e le allaga è la prima a congelare, creando un doppio disegno di sinuosità speculari al di sotto di un esile strato di ghiaccio perfettamente trasparente, al punto da risultare invisibile in foto. Se non fosse che, su di esso, si posa la sabbia ancora libera spinta dal vento, che prende la forma di lunghe strisce dorate. Queste si muovono rotolando sul ghiaccio con moto ondeggiante - in tutto e per tutto simile a quello di un serpente - e corrono per tutto il lago: uno di quei rarissimi momenti in cui rimpiango di non avere sottomano una videocamera. La neve è prevista a brevissimo termine, e una volta caduta non ci sarà più modo di giocare col ghiaccio fino all'ottobre dell'anno prossimo; questi sono gli ultimi scatti dell'anno di questo tipo. _ Facciamo un piccolo passo indietro, e torniamo al parco nazionale Söderåsen, fine ottobre. Arrivato alla parte più elevata della faggeta, avverto un fruscio costante. Qualcosa di molto simile al rumoreggiare di un torrente, ma non ci sono corsi d'acqua qui in alto. Mi avvicino alla fonte del rumore, che sale in intensità. D'improvviso una nuvola e un fragore esplodono sollevandosi dal suolo: uno stormo enorme di Peppole si invola. E si invola, e si invola... continua così per almeno un intero minuto, riempiendo l'aria di ripetute ondate cinguettanti che si posano poco lontano, coprendo sia il sottobosco che le chiome degli alberi, dove ricominciano a fare quel che facevano prima che le disturbassi: alimentarsi alacremente di faggiole. Le peppole usano radunarsi per l'inverno formando occasionalmente contingenti enormi: ricordo bene lo stormo svernante in Slovenia che pochi anni fa fece clamore nel mondo degli appassionati, stimato in 4 milioni di uccelli. Qui non siamo a quelle cifre, ma certamente sto guardando decine di migliaia di uccelli, difficile dire quante. _Avanzo ancora, e dai lati e dinanzi a me salgono altri stormi compatti, deflagrando nella nebbia con rumore di cascata, come eruzioni di geyser. Con cautela mi avvicino ulteriormente: gli uccelli al suolo son così numerosi che non si vedono più le foglie. Un altro gruppo parte, si dirige verso di me, mi sorvola, è sopra e intorno a me come un turbine, un maelström di piccoli corpi e ali frullate allo spasimo. La mano corre alla fotocamera, ma il risultato è del tutto inadeguato, come era facilmente prevedibile. Mi trovo coperto di escrementi ma gratificato da una delle esperienze in natura più emozionanti che mi sia capitata. Qualcuno non ce la fa: l'ultima foto ritrae un maschio rimasto incastrato giorni prima in un ramo secco, probabilmente durante un improvviso tentativo di involo.
_ Sono rientrato a Särna ormai da una decina di giorni, e mi sono ritrovato nel mezzo di un autunno da record: il servizio meteo svedese afferma che da quando viene presa nota delle temperature, cioè da inizio del secolo scorso, non si sono mai registrate temperature così miti. Niente ghiaccio, nel sud si raccolgono i funghi, e ho visto personalmente dei lupini ancora in fiore (fioritura tipica di fine giugno) mentre risalivo il paese per tornare a casa. Nell'intera nazione non c'è ancora un singolo centimetro di neve, ed a metà novembre la cosa è di certo stravagante. Da un paio di giorni, tuttavia, a Särna – chiamata anche “il buco freddo”, per essere uno dei posti più gelidi di Svezia, almeno in inverno – si registrano finalmente temperature decisamente sotto lo zero. Inizia la stagione delle ombre lunghe, degli scenari ammalianti e del manto bianco. Anche se personalmente mi auguro che quest'ultimo si faccia attendere ancora un bel po' (spalare costa fatica). Nel rientrare in Svezia dalla mia visita italiana ho fatto una breve sosta (un solo giorno, ahimè) al parco nazionale di Söderåsen, che un così bel ricordo mi aveva lasciato durante il viaggio di maggio scorso nella Scania. Il parco protegge un lembo della più estesa faggeta del nord, una faggeta inusuale per un italiano: una pianta che nel sud del continente è tipica essenza di montagna, cresce in Svezia sostanzialmente in pianura. E naturalmente si offre in autunno in una delle sue vesti più magiche. Ecco qualche scatto realizzato nel breve tempo che mi sono concesso: una selezione di immagini di tipo tradizionale, seguita da due interpretazioni più oniriche.
In realtà le betulle non sono il soggetto principale degli scatti che seguono, piuttosto fungono da contesto. Mi piaceva però la cacofonia del titolo, oltre al fatto che amo svisceratamente quest'albero e mi piace omaggiarlo ogni volta che posso. Sono stato nella Lapponia Svedese a metà settembre nel tentativo di rinverdire i passati fasti delle aurore boreali e dei colori autunnali. Parlo di “tentativo” non a caso: il tempo inclemente mi ha precluso ogni possibilità di osservazione delle aurore (che pure erano attive), e un'estate calda - protrattasi ben all'interno di settembre – ha garantito il peggior autunno dei colori da quando frequento la Scandinavia: vale a dire da un bel pezzo. Solo nella zona di Abisko la locale foresta di betulle, che copre un altopiano esposto più di altri siti ai primi freddi notturni – l'interruttore che scatena il fenomeno – mi ha concesso degli scorci degni dei chilometri che ho percorso per raggiungerla (1.200 km da Särna: questo per chi pensa che io viva “nel nord” :-). In alcuni tratti il sottobosco era un unico tappeto di Corniolo nano (Cornus suecica) i cui toni andavano dal giallo al porpora scuro; appena sopra, uno strato denso color oro: la chioma delle betulle. Due colori, due mondi. Tra di loro, tronchi essenziali e lucidi gettati a colmare la distanza, come un ponte; a sostenere il giallo sul viola, come impalcature. Poco più a sud siamo a Kvikkjokk, alle porte del Parco Nazionale Sarek. Ancora una betulla, stavolta in bianco e nero: un'immagine che a colori non mi convinceva, ma che coi toni di grigio ha acquistato, un po' a sorpresa, un suo carattere specifico, grazie alla rotondità della luce associata al mosso. “Non stonerebbe in un libro di illustrazioni tolkieniane”, ha detto un amico; detto da un membro di spicco della Società Tolkieniana Italiana, non può che farmi piacere. |
Tutti i contenuti del sito: © Vitantonio Dell'Orto, tutti i diritti riservati Vivo in Svezia, a Särna (Dalarna). Le Cronache sono un diario per immagini della natura (ma non solo) della zona e di tutte le aree scandinave che visito nel mio lavoro fotografico.
Il mio libro: "La mia Svezia - Storie di un fotografo italiano al Nord" è disponibile presso l'editore.
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