_ Facciamo un piccolo passo indietro, e torniamo al parco nazionale Söderåsen, fine ottobre. Arrivato alla parte più elevata della faggeta, avverto un fruscio costante. Qualcosa di molto simile al rumoreggiare di un torrente, ma non ci sono corsi d'acqua qui in alto. Mi avvicino alla fonte del rumore, che sale in intensità. D'improvviso una nuvola e un fragore esplodono sollevandosi dal suolo: uno stormo enorme di Peppole si invola. E si invola, e si invola... continua così per almeno un intero minuto, riempiendo l'aria di ripetute ondate cinguettanti che si posano poco lontano, coprendo sia il sottobosco che le chiome degli alberi, dove ricominciano a fare quel che facevano prima che le disturbassi: alimentarsi alacremente di faggiole. Le peppole usano radunarsi per l'inverno formando occasionalmente contingenti enormi: ricordo bene lo stormo svernante in Slovenia che pochi anni fa fece clamore nel mondo degli appassionati, stimato in 4 milioni di uccelli. Qui non siamo a quelle cifre, ma certamente sto guardando decine di migliaia di uccelli, difficile dire quante. _Avanzo ancora, e dai lati e dinanzi a me salgono altri stormi compatti, deflagrando nella nebbia con rumore di cascata, come eruzioni di geyser. Con cautela mi avvicino ulteriormente: gli uccelli al suolo son così numerosi che non si vedono più le foglie. Un altro gruppo parte, si dirige verso di me, mi sorvola, è sopra e intorno a me come un turbine, un maelström di piccoli corpi e ali frullate allo spasimo. La mano corre alla fotocamera, ma il risultato è del tutto inadeguato, come era facilmente prevedibile. Mi trovo coperto di escrementi ma gratificato da una delle esperienze in natura più emozionanti che mi sia capitata. Qualcuno non ce la fa: l'ultima foto ritrae un maschio rimasto incastrato giorni prima in un ramo secco, probabilmente durante un improvviso tentativo di involo.
_ Sono rientrato a Särna ormai da una decina di giorni, e mi sono ritrovato nel mezzo di un autunno da record: il servizio meteo svedese afferma che da quando viene presa nota delle temperature, cioè da inizio del secolo scorso, non si sono mai registrate temperature così miti. Niente ghiaccio, nel sud si raccolgono i funghi, e ho visto personalmente dei lupini ancora in fiore (fioritura tipica di fine giugno) mentre risalivo il paese per tornare a casa. Nell'intera nazione non c'è ancora un singolo centimetro di neve, ed a metà novembre la cosa è di certo stravagante. Da un paio di giorni, tuttavia, a Särna – chiamata anche “il buco freddo”, per essere uno dei posti più gelidi di Svezia, almeno in inverno – si registrano finalmente temperature decisamente sotto lo zero. Inizia la stagione delle ombre lunghe, degli scenari ammalianti e del manto bianco. Anche se personalmente mi auguro che quest'ultimo si faccia attendere ancora un bel po' (spalare costa fatica). Nel rientrare in Svezia dalla mia visita italiana ho fatto una breve sosta (un solo giorno, ahimè) al parco nazionale di Söderåsen, che un così bel ricordo mi aveva lasciato durante il viaggio di maggio scorso nella Scania. Il parco protegge un lembo della più estesa faggeta del nord, una faggeta inusuale per un italiano: una pianta che nel sud del continente è tipica essenza di montagna, cresce in Svezia sostanzialmente in pianura. E naturalmente si offre in autunno in una delle sue vesti più magiche. Ecco qualche scatto realizzato nel breve tempo che mi sono concesso: una selezione di immagini di tipo tradizionale, seguita da due interpretazioni più oniriche.
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Tutti i contenuti del sito: © Vitantonio Dell'Orto, tutti i diritti riservati Vivo in Svezia, a Särna (Dalarna). Le Cronache sono un diario per immagini della natura (ma non solo) della zona e di tutte le aree scandinave che visito nel mio lavoro fotografico.
Il mio libro: "La mia Svezia - Storie di un fotografo italiano al Nord" è disponibile presso l'editore.
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October 2018
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