Il lago di Särna in una sera di fine febbraio; il paese resta defilato in modo discreto sulla riva immediatamente opposta, già avvolto nell’ombra. È stato un febbraio caldo, il più caldo nei cinque anni della nostra vita qui: il degno epilogo di un inverno temperato che aveva seguito a sua volta un autunno estremamente mite. L’inizio di marzo rappresenta l’ingresso nella Gidádálvve (la primavera-inverno), una delle otto stagioni dei Sami: la luce diurna è aumentata quasi per magia, sia per durata che per intensità; il sole splende alto e le escursioni termiche tra giorno e notte sono notevoli. Al punto che l’energia solare riesce a sollevare una spessa nebbia vespertina su un lago ancora saldamente ghiacciato, che tale resterà sino a fine aprile. La stessa energia ha alimentato per ore quella corrente termica sulla collina là in fondo, che trova ancora la forza di issarsi sulla sua verticale e condensarsi in un'atmosfera sempre più fredda man mano che il sole cala. La piccola nuvola appare d’improvviso, accendendosi dell’ultima luce. Pochi minuti, appena sufficienti per prendere uno scatto e contemplare la scena, prima che la sagoma del monte Fulufjället a occidente faccia sparire entrambi nel crepuscolo a venire. _ Facciamo un piccolo passo indietro, e torniamo al parco nazionale Söderåsen, fine ottobre. Arrivato alla parte più elevata della faggeta, avverto un fruscio costante. Qualcosa di molto simile al rumoreggiare di un torrente, ma non ci sono corsi d'acqua qui in alto. Mi avvicino alla fonte del rumore, che sale in intensità. D'improvviso una nuvola e un fragore esplodono sollevandosi dal suolo: uno stormo enorme di Peppole si invola. E si invola, e si invola... continua così per almeno un intero minuto, riempiendo l'aria di ripetute ondate cinguettanti che si posano poco lontano, coprendo sia il sottobosco che le chiome degli alberi, dove ricominciano a fare quel che facevano prima che le disturbassi: alimentarsi alacremente di faggiole. Le peppole usano radunarsi per l'inverno formando occasionalmente contingenti enormi: ricordo bene lo stormo svernante in Slovenia che pochi anni fa fece clamore nel mondo degli appassionati, stimato in 4 milioni di uccelli. Qui non siamo a quelle cifre, ma certamente sto guardando decine di migliaia di uccelli, difficile dire quante. _Avanzo ancora, e dai lati e dinanzi a me salgono altri stormi compatti, deflagrando nella nebbia con rumore di cascata, come eruzioni di geyser. Con cautela mi avvicino ulteriormente: gli uccelli al suolo son così numerosi che non si vedono più le foglie. Un altro gruppo parte, si dirige verso di me, mi sorvola, è sopra e intorno a me come un turbine, un maelström di piccoli corpi e ali frullate allo spasimo. La mano corre alla fotocamera, ma il risultato è del tutto inadeguato, come era facilmente prevedibile. Mi trovo coperto di escrementi ma gratificato da una delle esperienze in natura più emozionanti che mi sia capitata. Qualcuno non ce la fa: l'ultima foto ritrae un maschio rimasto incastrato giorni prima in un ramo secco, probabilmente durante un improvviso tentativo di involo.
|
Tutti i contenuti del sito: © Vitantonio Dell'Orto, tutti i diritti riservati Vivo in Svezia, a Särna (Dalarna). Le Cronache sono un diario per immagini della natura (ma non solo) della zona e di tutte le aree scandinave che visito nel mio lavoro fotografico.
Il mio libro: "La mia Svezia - Storie di un fotografo italiano al Nord" è disponibile presso l'editore.
Archivi
October 2018
Categorie
All
|