Come un periscopio issato per capire se la primavera sia all'orizzonte, uno sterpo emerge dalle onde del mare di neve. Devo essere onesto: non ho idea del perché non ci abbia pensato prima. Oltretutto, la neve è decisamente uno dei prodotti tipici dell'inverno svedese; forse averla intorno per sette mesi all'anno me l'ha fatta dare per scontata, non saprei. Resta il fatto che solo a gennaio scorso, dopo cinque inverni a Särna, ho pensato di verificare se fosse possibile ottenere foto dignitose dei cristalli di neve, e farlo con un'attrezzatura domestica, diciamo cosí. Mi sono reso conto di avere già in casa tutto il necessario: un treppiede, un flash, un ottica macro da 105 mm ed un anello adattatore che mi permettesse di accoppiarlo - filetto contro filetto - ad un economico 50 mm, in modo da raggiungere elevati rapporti di riproduzione. Una serie di oggetti non fotografici che si trovano in qualsiasi casa ha poi completato il set di ripresa. L'unica cosa che mancava era... la neve; non una neve qualsiasi, ovviamente, perché di quella ne abbiamo a palate (letteralmente, la mia schiena lo sa). Ci sono condizioni specifiche che facilitano la caduta di neve in cristalli singoli e ben formati: l'assenza di vento in quota, le temperature tra i meno 10 e i meno 15 gradi, e probabilmente qualche altro fattore meteo che mi sfugge, ma che sospetto legato più direttamente alla cara, vecchia buona sorte. Senza la quale, si sa, anche la miglior tecnica è impotente.
E, naturalmente, occorre che queste condizioni si ripetano per diversi giorni, in modo da avere le maggiori possibilità di trovare dei buoni cristalli (cosa per nulla scontata) con una certa continuità. Da questo punto di vista il clima di Särna si è rivelato un aiuto perfetto; dopodiché si è trattato solo di avere una buona lente di ingrandimento e molta pazienza (e vestiti caldi). Ho cosí messo insieme una galleria di scatti che mi sono serviti come studio di fattibilità, e che mi riprometto di provare a migliorare nei prossimi inverni. Eccone alcuni, e perdonate un watermark più invadente del solito. Non sempre si ha qualcosa di significativo, o anche solo di interessante, da scrivere a proposito di ogni singola immagine, ed allora ci si limita a proporre qualcosa ritenuto sufficientemente piacevole da essere condiviso. È il caso di questo compitino di geometria compositiva che risale a diverse settimane fa (quando ancora c’era neve). Un gallo cedrone maschio, sorpreso a piluccare aghi di pino, spicca sull'arazzo candido fatto di neve, galaverna e cielo lattiginoso. Come sempre, cliccate sulla miniatura per ingrandire. In questo caso, a maggior ragione. _Un poker di immagini prese ieri nel villaggio, per il primo post dell’anno nuovo; niente più di quanto asserisca il titolo: cartoline, nessuna pretesa di fare Bella Fotografia, ma solo un modo di raccogliere momenti, luci e scorci, tramutarli in ricordi e condividerli con amici o visitatori occasionali, augurando a tutti un buon 2012.
__Alla fine la neve si è posata anche sulla Svezia centrale - e non poteva essere altrimenti - sebbene ancora in quantità poco “scandinave”. Abbastanza da giustificare un’uscita per boschi; non abbastanza da concedere inquadrature dei medesimi in linea con quell’effetto di stilizzazione e semplificazione da “winter wonderland” che i paesaggi innevati in genere garantiscono (e che io in genere mi aspetto). Con un livello del manto insufficiente, cespugli e rami del sottobosco restano ben visibili a sporcare l’essenzialità dell’insieme. Ho pensato cosí di ricorrere al buon vecchio mosso intenzionale, in modo da diluire le “impurità” mantenendo al tempo stesso ben visibile il lato degli alberi incrostato di neve (situazione che aspettavo da tempo): in ogni caso non avrebbe mostrato alcun dettaglio. Lame di luce del tramonto arricchivano uno scenario di per sè affascinante. Quando si ha a che fare con foto cosi simili, è difficile dire quale sia migliore delle altre, quale meriti la palma di “bella foto”; qui, probabilmente, nessuna delle tre, ma questo è quello che passa il convento dicembrino sino ad oggi.
E per restare nel campo delle somiglianze, i piú attenti ne ravviseranno tra la seconda foto e il mosso di questa serie: se gli elementi dell’immagine sono simili, semplici e ridotti nel numero (i tronchi, nel nostro caso), le regole di una composizione equilibrata possono portare a fotografie che si somigliano. Sono gli altri parametri in gioco (luce, colore) che in questi casi fanno la differenza. La fotografia è come la musica (e mi piacerà tornare su questo argomento): i parametri in gioco sono in numero finito, ma le loro combinazioni sono sconfinate. A proposito: Buone Feste a tutti. O meglio: God Jul och Gott Nytt År! Li ho incontrati per la prima volta 40 anni fa, sulle pagine di un libro illustrato per ragazzi la cui copertina diceva “Guarda e scopri gli animali della tundra e dei ghiacci”. Pagine disegnate che mi avvincevano con racconti di animali strani ed esotici, e che sono rimaste nell'uomo di oggi, visto che il ricordo è lì, fresco come l'emozione e la meraviglia in tutti gli incontri con animali che da allora in poi si sono succeduti nella mia vita. Il lemming, unico animale esclusivo della fauna scandinava, così popolare per le ragioni sbagliate, così frainteso dalla divulgazione più superficiale... lo vedo per la prima volta tre anni fa, qui sulle pendici del monte Fulufjället, il parco nazionale “di casa”. Un esemplare subito eclissatosi, la visione di un momento, ma un momento da ricordare, il coronamento di un sogno partito da molto lontano. Quello che mi era sempre fuggito, sinora, era invece il mitico “anno dei lemming”, quando avviene una delle esplosioni demografiche che caratterizzano molte specie di roditori, e che per il lemming è diventata ciò che definisce la specie nell'immaginario collettivo. Moltiplicatisi oltre la capacità del loro ambiente di sostenerli (può figliare sino a 6 volte all'anno, sfornando anche 13 cuccioli che maturano sessualmente dopo un mese di vita), gli animali affollano la tundra e migrano verso le valli e le foreste alla ricerca di cibo, invadendo aree che non sono le loro, e superando, o cercando di farlo, qualsiasi ostacolo lungo il loro cammino. Fiumi e laghi inclusi, se è il caso (ed al Nord certamente lo è). Da queste migrazioni è nato il mito - perché di questo si tratta, visto che in letteratura non sono riportate osservazioni dirette del fenomeno - dei lemming che a migliaia e in bella sincronia vanno scientemente a suicidarsi in mare. Un mito alimentato da un vecchio documentario Disney, artefatto e fuorviante com'erano molti nei primi anni '60. Ed oggi siamo al punto in cui “lemming” è diventato sinonimo di conformista, individuo senza personalità, finanche un po' ottuso. I lemming, quelli veri, sono del tutto diversi: individualisti, iperattivi e rapidi (per quanto possa esserlo un'arvicola), aggressivi per difesa al punto da minacciare l'uomo e persino le auto digrignando i denti e fischiando rabbiosamente. Ed è vero che vanno a morire a migliaia, ma sotto gli pneumatici di quelle stesse auto.
Ce l'ho ancora, quel libro, oggi che posso semplicemente uscire di casa e andare di persona incontro agli “animali dell'Artico”; oggi che ho finalmente incrociato l'anno dei lemming. È l'unico volume che conservo da così tanto tempo; non sono un tipo particolarmente attaccato ai ricordi o al passato, ma quelle pagine sono una sorta di filo rosso che congiunge il bambino di allora al mio presente qui in Scandinavia. Il presagio di un destino a venire, o, più facilmente, parte di ciò che ha contribuito a determinarlo. Dove il germoglio di pino ha fatto da schermo, si è accumulata la neve spostata dal vento teso e gelido degli ultimi giorni. Ai lati di quello che, forse, sarà un giorno un'altra goccia nell'oceano della foresta, si aprono minuscole dune, la cui superficie non è semplice neve, ma una crosta ghiacciata e opaca, modellata dal vento e satinata dall'erosione delle particelle di neve soffiate ad alta velocità. La materia così formata riflette la luce in modo morbido e peculiare, con un effetto finale del tutto simile a quello di un velo di raso. E' stato un buon inizio di marzo. Proprio la sera del primo del mese l'aurora boreale si è fatta vedere a Särna, la prima vera aurora da quando viviamo qui (quasi 4 anni). No, non la vedrete in queste Cronache: ci sono momenti in cui devi semplicemente "essere", devi goderti il momento senza pensare ad "avere", a fotografarlo (potete comunque vederla in un time lapse a questo link: l'aurora è esattamente quella, solo la località diversa). Mentre ero ad occhi in su, una Civetta capogrosso ha cominciato a cantare. Cosa chiedere di più? Nei giorni successivi il tempo è stato mite, addirittura con temperature al di sopra dello zero: marzo è pazzerello anche a questa latitudine, e, a dispetto del clima piacevole, per un paio di giorni ha imperversato un vento fortissimo, che ha regalato alla montagna sapori di tempesta nel deserto.
Sono ben consapevole che si tratti di una brutta foto. In effetti è un'istantanea colta al volo, nel momento in cui l'uccello sta iniziando a scappare alla mia vista, involandosi. Il classico scatto di rapina, raccattato per caso. Un caso curioso, tuttavia, che mi ha messo di fronte ad una Pernice bianca nordica a così breve distanza dall'incontro precedente, documentato nella prima foto dell'anno (al post precedente). Una pernice viva, stavolta. Considerando anche quanto sia difficile vedere questo fantasma della taiga (diffuso, ma praticamente invisibile), mi è parso quasi che le Cronache "chiamassero" una compensazione a quello scatto con uno che testimoniasse dell'animale in vita, e non ho potuto quindi esimermi dal soddisfarle. (crop) |
Tutti i contenuti del sito: © Vitantonio Dell'Orto, tutti i diritti riservati Vivo in Svezia, a Särna (Dalarna). Le Cronache sono un diario per immagini della natura (ma non solo) della zona e di tutte le aree scandinave che visito nel mio lavoro fotografico.
Il mio libro: "La mia Svezia - Storie di un fotografo italiano al Nord" è disponibile presso l'editore.
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